In piena emergenza causata dal diffondersi del virus Covid-19, l’intera classe medica in Italia si trova ad affrontare una serie di problemi, non solo connessi allo svolgimento del loro già difficile lavoro quotidiano di cura delle persone colpite da Coronavirus, ma anche a causa di studi legali che promettono di promuovere cause per malasanità contro i mediciper i decessi dovuti al coronavirus.
Sul tema il dibattito è molto acceso: riportiamo di seguito le riflessioni del Consulente legale di AURO.it Paolo D’Agostino, contenute nella lettera che ha scritto ai nostri soci.
Cari Soci,
purtroppo anche in questo momento di estrema difficoltà che vede i medici in prima fila a fare quanto necessario per salvare il Paese da questa pandemia, ci sono alcuni studi legali che hanno diffuso proclami e messaggi fra la popolazione al fine di poter raccogliere potenziali clienti fra coloro che in modo diretto o indiretto hanno subito un danno nella modalità di gestione del Coronavirus subito da loro o dai loro familiari.
A fronte di questa situazione, si è contrapposto un movimento di idee di segno completamente contrario.
Da un lato il Presidente della FnomCeo Anelli ha scritto e coinvolto direttamente il presidente del Consiglio Nazionale Forense chiedendogli di prendere espressamente posizione sul punto: appello poi accolto dal CFN che ha deciso che sanzionerà gli avvocati che agiranno contro i medici impegnati a fronteggiare la pandemia.
Nel frattempo, la maggioranza di Governo ha proposto una serie di emendamenti al decreto legge “Cura Italia”, in cui si prevedeva un chiaro intervento nell’ambito della responsabilità civile e penale.
Un primo emendamento (del PD), approvato Ragioneria dello Stato con parere favorevole del Governo prevede, stabiliva:
«Art. 1-bis Disposizioni per la definizione e l’equilibrata limitazione delle responsabilità degli operatori del servizio sanitario durante l’emergenza epidemiologica da COVID 19)
- Per tutti gli eventi avversi che si siano verificati o abbiano trovato causa durante l’emergenza epidemiologica COVID-19 di cui alla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, le strutture sanitarie e socio sanitarie pubbliche e private e gli esercenti le professioni sanitarie – professionali – tecniche amministrative del Servizio sanitario non rispondono civilmente, o per danno erariale all’infuori dei casi in cui l’evento dannoso sia riconducibile:
- a condotte intenzionalmente finalizzate alla lesione della persona;
- a condotte caratterizzate da colpa grave consistente nella macroscopica e ingiustificata violazione dei principi basilari che regolano la professione sanitaria o dei protocolli o programmi emergenziali predisposti per fronteggiare la situazione in essere;
- a condotte gestionali o amministrative poste in essere in palese violazione dei principi basilari delle professioni del Servizio sanitario nazionale in cui sia stato accertato il dolo del funzionario o dell’agente che le ha poste in essere o che vi ha dato esecuzione.
- Ai fini della valutazione della sussistenza della colpa grave di cui al comma 1, lettera b), vanno anche considerati la proporzione tra le risorse umane e materiali disponibili e il numero di pazienti su cui è necessario intervenire nonché il carattere eterogeneo della prestazione svolta in emergenza rispetto al livello di esperienza e di specializzazione del singolo operatore.
- Fermo quanto previsto dall’articolo 590-sexies del codice penale, per tutti gli eventi avversi che si siano verificati od abbiano trovato causa durante l’emergenza epidemiologica COVID-19 di cui alla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, la punibilità penale è limitata ai soli casi di colpa grave. La colpa si considera grave unicamente laddove consista nella macroscopica e ingiustificata violazione dei principi basilari che regolano la professione sanitaria o dei protocolli o programmi emergenziali eventualmente predisposti per fronteggiare la situazione in essere, tenuto conto di quanto stabilito dal comma 2.»
Un secondo emendamento (Lega) prevedeva:
«Art. 1-bis. (Responsabilità datori di lavoro operatori sanitari e sociosanitari)
- Le condotte dei datori di lavoro di operatori sanitari e sociosanitari operanti nell’ambito o a causa dell’emergenza COVID-19, nonché le condotte dei soggetti preposti alla gestione della crisi sanitaria derivante dal contagio non determinano, in caso di danni agli stessi operatori o a terzi, responsabilità personale di ordine penale, civile, contabile e da rivalsa, se giustificate dalla necessità di garantire, sia pure con mezzi e modalità non sempre conformi agli standard di sicurezza, la continuità dell’assistenza sanitaria indifferibile sia in regime ospedaliero che territoriale e domiciliare.
- Dei danni accertati in relazione alle condotte di cui al comma 1, compresi quelli derivanti dall’insufficienza o inadeguatezza dei dispositivi di protezione individuale, risponde civilmente il solo ente di appartenenza del soggetto operante ferme restando, in caso di dolo, le responsabilità individuali.».
Leggendo il testo della norma però (si vedano le parti sottolineate), si evidenzia come in realtà questi emendamenti fossero incentrati prevalentemente ad estendere la limitazione di responsabilità anche ai titolari di organi di indirizzo e di gestione dell’emergenza per i danni arrecati non solo verso la popolazione, ma anche nei confronti del personale sanitario dipendente: il che è inaccettabile.
Al contrario, le loro responsabilità andrebbero incrementate in quanto nel momento in cui imprimono un indirizzo alla gestione del fenomeno, effettuano delle scelte che poi vengono eseguite da chi è operativo sul campo.Ne consegue che, la decisione di ritirare questi emendamenti è stata opportuna: anche tutti i professionisti sanitari che lavorano all’interno delle strutture sanitarie hanno il diritto alla salute costituzionalmente garantito all’art. 32, esattamente come i pazienti. Una legge con un esonero come quello indicato, sarebbe stata incostituzionale.
Quanto alla responsabilità del personale sanitario, occorre evidenziare come sia difficile (se non impossibile) dimostrarne la responsabilità.
In situazioni eccezionali come queste, la responsabilità del singolo deve essere sempre parametrata con le conoscenze disponibili: sul punto, l’art. 2236 del codice civile richiede che dinanzi a problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non debba rispondere dei danni se non nei casi di dolo e colpa grave.
Nella situazione in cui ci troviamo, è palesemente evidente ed incontestabile che ci troviamo dinanzi a problemi tecnici di speciale difficoltà su situazioni ancora sconosciute da parte della scienza: ne consegue che, una qualsiasi norma che preveda una limitazione di responsabilità, ha più un valore “simbolico” che non “sostanziale” in quanto si ottiene il medesimo risultato applicando i principi generali dell’ordinamento oggi in vigore.
Grazie per tutto quello che state facendo e spero di incontrarVi tutti molto presto.
Paolo D’Agostino