Buone notizie da EAU2019, il congresso Europeo di Urologia svoltosi quest’anno a Barcellona, che ha riunito nella città catalana esperti da tutto il mondo.
Negli ultimi 5 anni, grazie alla disponibilità di farmaci innovativi più efficaci e tollerati, la cura del tumore alla prostata metastatico è stato rivoluzionato: oggi la terapia è estremamente personalizzata e così la sopravvivenza dei malati più difficili è aumentata da trentasei mesi a quasi cinque anni, con un miglioramento senza precedenti della qualità di vita dei pazienti.
Secondo alcuni studi aumentano dunque le armi per combattere il tumore alla prostata che, solo nel 2018, ha fatto registrare in Italia 35.000 nuove diagnosi.
Grazie alle innovative terapie ormonali “chemio-free”, in pochissimo tempo le prospettive dei pazienti con tumore alla prostata metastatico o ad alto rischio di metastasi sono dunque radicalmente cambiate.
Grazie ad esempio alla nuova terapia ormonale con abiraterone, i pazienti metastatici già alla diagnosi guadagnano circa due anni di vita in più. Inoltre, gli ultimi dati dello studio Latitude, che ha seguito 1200 pazienti per quasi cinque anni, mostrano che nel tempo non c’è un incremento sostanziale del rischio di eventi avversi.
Ed un altro nuovo farmaco, apalutamide, ha dimostrato come nei malati senza metastasi, ma con un alto rischio di svilupparle, può ritardare di circa due anni la comparsa delle metastasi permettendo ai pazienti di mantenere più a lungo una buona qualità di vita. Insomma, grazie alla massima individualizzazione dell’approccio terapeutico e alla maggior efficacia del nuovo armamentario terapeutico, oggi sono possibili terapie adatte alle esigenze del singolo paziente personalizzate “in sequenza”, specifiche per ogni stadio della malattia, che ritardano il ricorso alla chemioterapia e soprattutto aggiungono anni di vita di buona qualità.
«L’oncologia ha trovato negli ultimi anni un fertile terreno di ricerca nelle patologie uroncologiche – osserva Roberta Gunelli, urologa e Presidente di AURO.it – ed in particolare nell’ambito del carcinoma prostatico. I tempi sono maturi per poter valutare i risultati di importanti studi, come lo studio Latitude, e poter quindi proseguire in quel percorso di tailoring delle terapie oncologiche che rappresenta e rappresenterà nei prossimi anni un punto fondamentale dell’iter terapeutico dei pazienti portatori di carcinoma prostatico. La possibilità di riconsiderare il timing delle terapie attualmente disponibili – conclude Gunelli – sarà la prossima sfida e speriamo possa dare ulteriore impulso alla costante ricerca di miglioramento della qualità di vita dei nostri pazienti».