I pazienti che decidono di sottoporsi a sorveglianza attiva (SA) per il carcinoma della prostata clinicamente organo confinato devono accettare frequenti e regolari valutazioni dello stato del loro tumore almeno finché rimangono potenziali canditati per la terapia curativa. Dei vari parametri da monitorare, i reperti patologici della biopsia prostatica sono sicuramente il dato più oggettivo per valutare l’evoluzione del tumore. Un gruppo canadese di Montreal ha analizzato i dati, raccolti in modo prospettico, su 186 pazienti con diagnosi di tumore alla prostata eseguita dal 1987 al 2006 e sottoposti a SA per caratteristiche patologiche e biochimiche favorevoli o dopo aver rifiutato un qualsivoglia trattamento curativo. I pazienti sono stati seguiti a intervalli regolari con PSA ed esplorazione rettale ogni 3 – 6 mesi; la biopsia prostatica è stata eseguita annualmente o “al bisogno” in caso di cambiamenti del reperto rettale o biochimici. 92 pazienti avevano almeno un biopsia ripetuta e hanno costituito il gruppo di studio con un follow up mediano di 76 mesi, range 20 –169. La progressione di malattia è stata definita come stadio clinico > cT2b, più di 3 prelievi positivi, almeno il 50% di tumore in uno dei prelievi o un pattern di Gleason predominante di 4 o 5 ad una delle biopsie successive a quella diagnostica. Al momento dell’analisi 34 pazienti (36%) aveva avuto un progressione clinica o patologica e 29 (31%) avevano ricevuto un trattamento a un tempo mediano di 44 mesi. La prima rebiopsia era positiva per cancro in 48 pazienti (52%) e negativa in 44 (48%). Dei 48 con rebiopsia positiva, 23 (48%) erano andanti in progressione a un tempo medio e mediano di 16 e 19 mesi. Dei 44 con rebiopsia negativa solo 11 (25%) erano andati in progressione a un tempo medio e mediano di 19 e 40 mesi. Dei 44 pazienti con più di 2 rebiopsie consecutive negative, nessuno era andato in progressione. La sopravvivenza attuariale libera da progressione a 5 anni era l’82% per i pazienti con una prima rebiopsia negativa e del 50% con una prima rebiopsia positiva. In questa coorte, caratterizzata da lungo follow up mediano, circa 6 anni, i pazienti che avevano continuato ad avere biopsie negative avevano una probabilità risibile di andare incontro a una progressione di malattia. Al contrario, più del 50% dei pazienti con tumore a una rebiopsia era andata in progressione entro 5 anni.
In conclusione, la rebiopsia appare avere un ruolo fondamentale nell’ambito dei protocolli di SA. La prima rebiopsia, la più informativa, dovrebbe essere eseguita in tempi relativamente brevi, entro 3 – 6 mesi, per stabilire se la SA è una strada percorribile con ragionevole sicurezza.
Al Otaibi M, Ross P, Fahmy N, Jeyaganth S, Trottier H, Sircar K, Bégin LR, Souhami L, Kassouf W, Aprikian A, Tanguay S. Role of repeated biopsy of the prostate in predicting disease progression in patients with prostate cancer on active surveillance. Cancer. 2008 May 16;113(2):286-292.